Non hanno voluto chiudere l’inceneritore ACCAM entro il 2021, data fissata dalla stessa assemblea dei soci, hanno speso milioni di euro per riuscire ad abbassare le emissioni di ossidi di azoto entro i limiti dell’AIA, hanno voluto ridargli vita con una previsione di chiusura al 2027 (ma pensando andare ben oltre) motivandola con la necessità di sanare gli enormi buchi di bilancio e sfidando anche la contrarietà di numerosi piccoli comuni (purtroppo non sufficienti, in termini di quote, per avere la maggioranza).
Ci stiamo riferendo agli (speriamo ormai ex) amministratori di Accam e ai tre principali comuni soci.
Gli ultimi mesi hanno visto vari Comuni prendere la decisione di abbandonare la società e le difficoltà della stessa a rimanere in-house con la proposta del cda di richiedere una deroga governativa.
Hanno strombazzato i valori emissivi ridotti per “dimostrare” che le nostre erano fobie e allarmismi nonostante una indagine epidemiologica recente che, seppure parziale e inadeguata, evidenziava incrementi di alcune patologie associate alle ricadute dell’impianto.
Hanno respinto ogni idea del tavolo tecnico che prevedesse la chiusura controllata dell’inceneritore e la modifica del sistema di trattamento dei rifiuti verso il ciclo a freddo
Hanno strumentalizzato i lavoratori per metterli contro la popolazione esposta e le associazioni ambientaliste
Si sono “dimenticati” dell’episodio (2005 – “Operazione Grisù”) di smaltimento di rifiuti non autorizzati con relativo sequestro dell’impianto, come pure del blocco contemporaneo di entrambi i forni con arresto di emergenza ed emissioni fuori controllo, che ben si guardarono di segnalarlo immediatamente agli enti nel novembre 2004. Per non dire dei recenti superamenti dei limiti emissivi con interventi dell’ARPA.
Hanno sottaciuto le 117 tonnellate di ecoballe provenienti da Napoli ed incenerite nell’estate del 2017 e, con il nuovo piano industriale, avevano in previsione di bruciare 17.000 tonnellate di fanghi all’anno, alla faccia della tutela della salute, con nuovi investimenti necessari.
Questo fino all’altro ieri… poi è arrivata la DDA di Milano con l’operazione “Mensa dei poveri” e ha scoperchiato una rete di soggetti, legati principalmente a Forza Italia e al loro referente per il varesotto, Nino Caianiello, ritenuti a vario titolo responsabili di associazione per delinquere finalizzata al compimento di plurimi delitti di corruzione, finanziamento illecito ai partiti politici, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, false fatturazione per operazioni inesistenti, auto riciclaggio e abusi d’ufficio. Questa rete si era infiltrata anche nelle partecipate pubbliche con dirigenti a loro affiliati. Uno dei centri di potere era Accam.
Ora, la direttrice Paola Rossi, la Presidente Laura Bordonaro, il consigliere Alberto Bilardo e il loro mentore politico Nino Caianiello risultano indagati per vari reati, avendo usato il loro ruolo per conferire consulenze e incarichi che servivano ad avere indietro una parte dell’importo, utilizzando l’impianto e lo smaltimento dei rifiuti come “mucca da mungere”.
Si sta delineando uno scenario dove gli investimenti in Accam non erano finalizzati al bene pubblico, ma solo a interessi privati. Lo stesso studio per il proseguo della durata dell’inceneritore, commissionato all’ing. Crescenti, era finalizzato a riprendersi una parte della parcella.
Alla luce di tutto ciò torniamo a chiedere con forza ai soci di chiudere al più presto l’impianto di incenerimento ACCAM, dimostratosi utile solo per bruciare risorse e produrre CO2 e mazzette e, nel caso si ristabilissero le condizioni economiche e politiche adeguate, il consorzio dovrebbe investire in un sistema di trattamento dei rifiuti che incentivi il riciclo e il riutilizzo di materia.
Medicina Democratica, Ecoistituto della Valle del Ticino (Cuggiono), Associazione 5 agosto 1991 (Buscate), Comitati Salviamo il Paesaggio (Casorezzo e Inveruno), Comitato No Terza Pista (Vanzaghello), Comitato Rifiuti Zero Busto Arsizio – NoInceneritore (Busto Arsizio) , Legambiente Turbigo