Il 25 marzo 1911 un incendio sviluppatosi ai piani alti della Triangle Shirtwaist Company di New York causò la morte di 146 delle 500 persone che vi lavoravano. Avvenimento che propiziò il giorno della donna che si celebra ogni anno l’8 marzo. Il terribile incendio che si propagò ai piani alti della Triangle Shirtwaist Company di New York è considerato uno dei peggiori disastri successi in America dal periodo della rivoluzione industriale. La Triangle Shirtwaist era una delle tante fabbriche del sudore (sweat-shop) di New York agli inizi del XX secolo dove le condizioni di lavoro erano pessime per l’eccessivo numero di ore lavorative, le cattive condizioni igieniche e di sicurezza, i salari bassi e lo sfruttamento del lavoro minorile. La “shirtwaist” era un tipo di camicetta bianca molto popolare tra le donne, spesso pieghettata e con il colletto alto che si abbinava con una gonna scura. I proprietari della Triangle Shirtwaist, Isaac Harris e Max Blanck erano i più grandi produttori di questo articolo. La loro fabbrica occupava gli ultimi tre piani del palazzo Asch, dieci piani in tutto, situato ai numeri 23-25 di Washington Place tra Washington Square est e Greene Street, tuttora esistente, occupato dalla New York University e designato monumento nazionale. I proprietari appaltavano anche il lavoro esternamente, con paghe a discrezione dei subappaltatori, che fingevano di ignorare. La totale noncuranza verso i dipendenti interni e esterni equivaleva a sfruttamento sistematico. Il sindacato era poco presente in quanto le operaie erano soprattutto immigrate con poca o nessuna padronanza dell’inglese e intimidite da un ambiente non familiare. Le precarie condizioni di lavoro generarono delle proteste. Nel 1909 un incidente provocò uno sciopero spontaneo che coinvolse quasi tutti i dipendenti della Triangle Shirtwaist che furono aiutati nella loro causa dalla Women’s Trade Union League guidati da Clara Lemlich. Le richieste dei lavoratori e delle lavoratrici del settore dell’abbigliamento furono parzialmente accolte dopo lo sciopero del settore delle pellicce ( Cloakmaker Strike) del 1910 che portarono a stabilire condizioni minime di lavoro e controlli periodici. Il sindacato dell’abbigliamento, International Ladies’ Garment Workers Union, riuscì a essere accettata in molte fabbriche, ma non alla Triangle Shirtwaist. Il pomeriggio del 25 marzo 1911 scoppiò un incendio alla Triangle Shirtwaist, probabilmente causato da una sigaretta accesa, e facilmente alimentato dagli scarti di tessuto e dalla polvere. La maggior parte delle operaie erano immigrate ebree dell’Europa dell’Est, Germania, Ungheria e immigrate italiane (molte tra i 12 e 14 anni) che guadagnavano dai 7 ai 12 dollari a settimana secondo le mansioni. Nonostante i suggerimenti della compagnia di assicurazioni, i proprietari non avevano istituito dei programmi di prevenzione e di esercitazioni antincendio. Al nono piano c’erano soltanto due porte di cui una sempre chiusa per poter ispezionare le dipendenti all’uscita dal lavoro. Il palazzo non era dotato di idranti. Il fuoco le colse quindi impreparate. Alcune si salvarono fuggendo sugli ascensori che ben presto si bloccarono; altre si rifugiarono sul tetto del palazzo vicino oppure lungo le scale che furono quasi subito avvolte dalle fiamme. Tra le operaie intrappolate diverse tentarono una via di fuga attraverso le porte o le finestre o cercando scampo all’interno della fabbrica. Molte, una sessantina, preferirono gettarsi dalle finestre piuttosto che morire tra le fiamme, mentre una ventina di operaie morirono quando la scala di sicurezza cedette sotto il peso eccessivo. Molte porte erano addirittura chiuse dall’esterno. Nonostante la prontezza del loro intervento, gli idranti dei vigili del fuoco non arrivavano che al sesto piano. L’incendio scoppiò alle 16:30. Alle 17:15 i vigili del fuoco lo avevano già domato. Morirono in tutto 146 persone di cui 129 donne e 17 uomini. Il loro sacrificio non fu vano in quanto la nazione intera attuò riforme per migliorare le condizioni di lavoro e di sicurezza. I sindacati dell’industria dell’abbigliamento presero vigore e rafforzarono la loro presenza sui tavoli dei negoziati in tutte le materie riguardanti il lavoro. La città di New York dovette prendere misure rigorose per riformare le procedure di sicurezza. Questo disastro permea tuttora il mondo del lavoro americano e non, sia in tema di condizioni di lavoro sia in tema di sicurezza. Ogni anno la festa dell’8 marzo celebra la donna e le lotte per la sua affermazione nel mondo del lavoro in perenne ricordo della tragedia del 25 marzo 1911 e di altre tappe per l’emancipazione femminile.. L’edizione del 20 febbraio 2011 del New York Times ha riportato la notizia che dopo un secolo il ricercatore Michael Hirsch ha completato la lista delle persone decedute nell’incendio alla Triangle Shirtwaist Company dando un nome certo a quelle che non erano state ancora identificate. La tragedia coinvolse soprattutto donne di origini ebraiche dell’est europeo. Le vittime di origine italiana furono una quarantina : questo fatto ha naturalmente catalizzato la curiosità di molti che hanno cercato di ricostruirne la vita e ricondurla dal paese natio alle esperienze infauste dell’emigrazione. Leon Stein ha raccontato per primo la vicenda della famiglia Maltese nel suo volume The Triangle Fire,riproposta poi in molti articoli e altri volumi, non ultimo Triangle, The Fire that Changed America (Triangle, l’incendio che cambiò l’America) di David Von Drehle. Ma andiamo per gradi. Serafino Maltese, calzolaio in Marsala, Trapani, si aggregò a quanti andavano in America e partì da Palermo il primo maggio 1906 a bordo della S.S. Italia che arrivò a New York il 19 maggio. In attesa di sistemarsi, e farsi raggiungere dalla famiglia, si stabilì presso il cognato Nicolò Morabito che abitava al numero 25 di Alabama Street a New York. Evidentemente prospettò un futuro diverso e richiamò la famiglia. La moglie Caterina Canino Maltese, d’anni 36, i figli Lucia, 16; Vito, 14 ; Rosaria,10 ; Maria, 4 e Paolo, 2 furono cancellati dalla lista passeggeri della S.S. Sofia Hohenberg. La nave della Austrian-American Line lasciò il porto di Palermo il 18 giugno 1907 senza di loro. La famiglia di Serafino ripartì invece un mese dopo a bordo della S.S. Francesca con partenza da Palermo il 16 luglio 1907 e attracco a New York il 3 agosto 1907. Il motivo del rinvio, attribuibile magari alla semplice mancanza del titolo di viaggio, preannuncia invece un primo grande dolore. Maria Maltese, probabilmente già malata e ulteriormente debilitata dalla traversata, riuscì a superare i controlli al porto di partenza, ma non resse agli strapazzi, e appena giunta a New York fu ricoverata in ospedale dove morì il 5 agosto 1907. I registri non specificano le cause certe oltre a una tosse persistente. Morì a Ellis Island. La famiglia di Serafino Maltese si riunì e riprese a vivere il sogno americano già infranto sul nascere. Nel 1910 viveva nel Ward 17 di Manhattan al numero 35 della Second Avenue. Serafino continuava la professione di calzolaio e la figlia maggiore Lucy (Lucia) ora 19enne lavorava alla (Triangle) Ladies Waist. La madre Caterina ora 39enne e la sorella Sarah ora 13enne la affiancarono poco tempo prima dell’incendio. Il 25 marzo 1911 la famiglia di Serafino fu nuovamente colpita. Nel rogo Lucy e Sara persero la vita per asfissia e per le bruciature. Furono identificate dal padre Serafino il 27 marzo 1911. Erano morte abbracciate nello stanzino dove avevano trovato temporaneo rifugio. La madre Caterina, non fu riconosciuta subito. Soltanto il 18 dicembre 1911 alcuni oggetti personali convinsero Serafino che i resti carbonizzati che aveva di fronte erano quelli della moglie Caterina (Secondo altre fonti l’identificazione avvenne prima, nel giugno 1911). Nel rapporto n.54 stilato nell’aprile 1912 dal comitato della Croce Rossa si ha un quadro della famiglia Maltese. Caterina, Lucy e Sara guadagnavano complessivamente 36 dollari la settimana contro i 15 di Serafino e Vito, rispettivamente calzolaio e barbiere. Alla famiglia devastata dal lutto fu data un’assistenza temporanea. Serafino ebbe anche 750 dollari dal consolato italiano per aprire una calzoleria. In realtà, certamente in seguito allo stress subito, sia Serafino sia il figlio conclusero ben poco al punto che chiesero altri fondi per traslare la salma di Caterina che Serafino aveva infine identificato. I discendenti della famiglia Maltese sono tuttora presenti a New York. L’ex senatore dello stato di New York Serphin Maltese, figlio di Paolo, porta orgogliosamente il nome del nonno ed è molto attivo nel mantenere vivo il ricordo della tragedia. Serphin Maltese è il presidente della Triangle Shirtwaist Fire Memorial Society mentre suo fratello Vincent C. Maltese ne è presidente del consiglio di amministrazione. L’associazione è stata fondata con lo scopo di mantenere la memoria delle vittime e di non dimenticare le conseguenze causate dalla negligenza sul posto di lavoro. In diverse occasioni Serphin Maltese ha denunciato le connivenze politiche in occasione del processo contro Harris e Blanck che nonostante le prove e le testimonianze contro non furono condannati. In effetti i proprietari ottennero un indennizzo dall’assicurazione pari a circa 400 dollari per persona, mentre le famiglie furono risarcite solo in parte e attraverso raccolte di fondi. Ironicamente i morti e gli incidenti sul posto di lavoro in Italia e all’estero sono all’ordine del giorno. La sentenza penale e civile nei confronti del management della Thyssen Krupp di Torino del 2007 non fa che riproporre la sicurezza sul posto di lavoro e la domanda su come mai un secolo dopo la tragedia della Triangle Shirtwaist Company le cose sembrano essere sempre le stesse in Italia e altrove. Le vittime italiane sono sepolte nel Calvary Cemetery di Woodside, contea di Queens a New York. Per commemorare questo avvenimento Globe Italia International ha organizzato un evento nazionale il 17 aprile 2011 a Trezzano Rosa, Milano che ha riunito le associazioni italiane di promozione culturale. Pietro Paolo Poidimani, presidente degli Italiani nel Mondo, nel tenere a battesimo la novella Associazione Culturale Siciliana in Lombardia, “Amici della Città di San Cono e del Calatino” ha ricordato l’operosità siciliana nel mondo e le sue vicissitudini. Ernesto R Milani