Intervento di Aldo Aniasi al convegno:
Alle origini della nostra Repubblica
Le ragioni politiche e le motivazioni ideali che ispirarono la Resistenza Italiana
Villa Annoni – Cuggiono – domenica 11 luglio 2004
“IL LASCITO MORALE DELLA RESISTENZA”
“LA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA”
Voglio innanzitutto ringraziare il Sindaco di Cuggiono Giuseppe Locati che portandoci il suo saluto ha dimostrato sensibilità, apprezzamento, sottolineo io, perché è in controtendenza al disimpegno di molte autorità istituzionali.
Siamo qui per onorare il sacrificio di giovani fucilati il 7 luglio qui a Cuggiono e del partigiano Giovanni Rossetti, tutti colpevoli di amore di libertà.
Ho molto apprezzato la bella relazione del Prof. Luigi Ganapini, uno storico che si è dedicato allo studio e alla ricerca dell’antifascismo, della guerra e della Resistenza ed è autore di importanti pubblicazioni.
Il Prof. Ganapini ci ha descritto l’atmosfera ed il quadro politico del fascismo e delle responsabilità di aver instaurato la dittatura e un regime totalitario. Voglio ricordare il valore della Brigata Gasparotto del Raggruppamento Fratelli Di Dio, accanto alla quale ho combattuto nelle Valli Ossolane.
Voglio ricordare i compianti Eugenio Cefis, che fu Comandante del Raggruppamento e lo scomparso Rino Pacchetti, medaglia d’oro al Valor Militare che fu Vice Presidente della F.I.V.L e di cui sono stato affettuoso amico.
Ho ascoltato come voi, con grande interesse, la testimonianza di Pinetto Spezia (il Comandante Rock) e Leonildo Ranzini (Leo) che hanno partecipato alla lotta partigiana in queste zone dell’alto milanese.
Ma questo è un incontro che vuole anche guardare agli avvenimenti che viviamo oggi, che parla ai giovani che guarda al futuro appunto partendo dalle esperienze del passato.
Come ex Resistenti, riteniamo doveroso dare un contributo alla conoscenza della storia del secolo scorso nel quale si sono consumate tragedie terrificanti segnate da lutti, distruzioni e orrori culminati nello sterminio di milioni di innocenti in tutta Europa.
Elia Wiesel – premio Nobel affermò: “soltanto raccontando la storia del passato possiamo proteggere l’avvenire”. Dobbiamo, aggiungiamo noi, impedire la cultura dell’oblio.
Conoscere, sapere, capire quali sono state le cause per cui tutto questo sia potuto accadere è essenziale se si vuole evitare che possa ripetersi. Primo Levi uscendo da Auschwitz ammoniva :“E’ accaduto, può accadere ancora”.
Far vivere la memoria è quindi un dovere che noi abbiamo nei confronti dei contemporanei e delle future generazioni.
In questi anni si sta faticosamente costruendo l’Europa, una costruzione che inizia con la caduta del nazifascismo e realizza un progetto di Resistenti condannati al confino di polizia a Ventotene (Altiero Spinelli – Giorgio Colorni – Ernesto Rossi). Tre antifascisti di diverso orientamento politico perseguitati dal fascismo.
Un sogno sostenuto da ideali di libertà e di giustizia che si proponevano di impedire il ripetersi di tragedie immani.
Questa Europa, che per secoli ha conosciuto sanguinose lotte fratricide, gode oggi 60 anni di pace, ma è chiamata a difendersi da una grave emergenza: il terrorismo internazionale e nel contempo assumersi la “terribile” responsabilità di impedire conflitti moderni dalle conseguenze devastanti.
Esiste, ci siamo chiesti, la memoria di ciò che è accaduto?
Siamo convinti che molteplici e complesse ragioni abbiano ostacolato una precisa conoscenza di quanto è avvenuto e del perché sia avvenuto.
Le spiegazioni sono numerose, anche se non accettabili: la spartizione del mondo decisa a Yalta, la guerra fredda, l’equilibrio basato sul terrore che una guerra nucleare tra due blocchi avrebbe portato all’annientamento dell’umanità. A tutto ciò va aggiunto il comprensibile desiderio di dimenticare i drammi vissuti, di non riaccendere odi e divisioni legati alle sanguinose lotte per la liberazione; insomma di non riaprire vecchie ferite a stento rimarginate. Ragioni che hanno contribuito in una assenza di memoria che si ripercuote sulle vicende di oggi.
Occorre conoscere la Storia per far vivere valori ed ideali che debbono essere alla base del vivere civile, di un mondo democratico fondato sulla giustizia e sulla libertà.
La scuola – non per responsabilità esclusive degli insegnati – per decenni non ha certo contribuito a rendere onore alla storia e alla verità con la sua colpevole reticenza.
La scuola deve innanzitutto non solo far conoscere la Costituzione della Repubblica , ma insegnare che le sue origini sono nella lotta di liberazione.
La Costituzione è sempre attuale.
Essa rappresenta per tutti i cittadini l’espressione dei valori e dei principi sui quali si deve reggere la nazione e costituisce il patrimonio ideale e morale di tutti gli italiani.
La Costituzione traccia l’indirizzo programmatico al quale deve ispirarsi la legislazione, deve essere la guida per il legislatori, il comandamento per i vertici delle Istituzioni.
Ma non si può, in questi giorni, non esprimere allarme per la revisione in corso, di cui si è consumato il primo atto: l’approvazione da parte del Senato di un testo che un grande costituzionalista di fama internazionale, Giovanni Sartori, ha così commentato: “nessuna persona seria o sensata dovrebbe essere contenta. Stiamo sfasciando il Paese che di sfascio costituzionale non ha certo bisogno”.
Quella Costituzione che un grande giurista e illustre costituente ha definito ”Il testamento di centomila morti” riferendosi a coloro che persero la vita nella guerra di Liberazione Nazionale combattendo fascisti e tedeschi.
La nostra Costituzione, non dimentichiamolo, fu l’alto e nobile compromesso fra le culture socialista, cattolica, liberale, azionista e repubblicana.
Questa convergenza di diverse culture ha consentito che la Costituzione venisse approvata con il voto favorevole dall’80% dei Costituenti.
E’ questa la ragione per cui il carattere popolare e lo spirito unitario che animarono la Resistenza rappresentano i tratti distintivi della Costituzione.
Questa la ragione per la quale la nostra Costituzione, una fra le più moderne, civili e sostanzialmente democratiche del mondo, conserva tutta la sua attualità. Gli operai che scioperarono nella primavera del ’43 prima ancora della caduta del regime fascista e poi ancora nella primavera del ’44, i giovani partigiani combattenti sulle montagne hanno trovato nelle norme della Costituzione la traduzione scritta dei loro ideali.
Una libertà autentica, una volontà di una democrazia non formale e di una Patria risorta sui valori di umanità, di solidarietà sociale.
Come non riconoscere che nella memoria storica del nostro popolo è rimasto il ricordo della difesa del patrimonio industriale del paese dal saccheggio, dalla rapina dei tedeschi in fuga; come non ricordare che la difesa delle centrali elettriche ha consentito la ripresa e la ricostruzione del Paese dopo la liberazione.
Sono queste vicende storiche che hanno consentito al mondo del lavoro di entrare dopo il ’45 nello Stato, di identificarsi in quello Stato dal quale era sempre stato escluso.
Questa memoria storica è stata alla base della piena partecipazione dei lavoratori alla difesa della Repubblica dai disegni eversivi e dagli attacchi del fascismo nazionale ed internazionale.
Questa è la ragione per la quale i lavoratori hanno combattuto il terrorismo della brigate rosse rifiutando lo slogan “né con lo Stato né con le brigate Rosse”.
I lavoratori che avevano costruito la Repubblica, hanno inteso difenderla, sentendola come propria, identificandosi in essa nonostante le insufficienze, i limiti e gli errori compiuti da una certa parte della classe dirigente del Paese.
Va innanzitutto sottolineato il carattere programmatico che ha fatto della Costituzione un documento unico e originale; caratteristiche che Calamandrei argutamente definì “presbite” e che ci consentono di considerare la Costituzione una bussola che ci deve guidare verso un futuro di sostanziale democrazia e forte socialità.
Presbite perché scorgeva meglio le cose lontane più di quelle vicine , perché era proiettata verso l’avvenire.
Mi sembra, quindi, opportuno auspicare che si affermi un “patriottismo costituzionale” in virtù del quale si debba consolidare l’unità e l’identità nazionale.
Non è quindi puramente declamatoria l’affermazione contenuta all’articolo primo che afferma “la Repubblica è fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo”.
Mi riferisco alla seconda parte della Costituzione e particolarmente alle norme ordinamentali che devono essere adeguate rispetto ai principi generali che la stessa Costituzione ha fissato nelle sue finalità e nei principi modificabili. Ma lo si deve fare seguendo correttamente le prescrizioni che la stessa Costituzione prevede per la sua revisione attuando la procedura dell’articolo 138.
Credo che per comprendere lo spirito che animò i dibattiti dell’Assemblea Costituente sia bene ricordare le parole con le quali il Presidente dell’Assemblea Umberto Terracini aprì la discussione generale il 4 marzo 1947: “il nostro dovere” – disse – non è solo quello di elaborare testi legislativi e costituzionali, ma anche di essere in tutti i propri membri esempio al Paese di intransigenza morale, di modestia di costumi , di onestà intellettuale , di civica serenità”.
Una Costituzione antifascista quindi, perché ogni articolo è in netta antitesi alle dottrine, alle tesi e alle concezioni del fascismo.
In un momento tanto difficile vorrei evitare la retorica, ma non posso dimenticare il grande applauso con il quale il Parlamento riunito in seduta comune il 9 luglio 1978 accolse le parole di Sandro Pertini al momento del Giuramento come Presidente della Repubblica appena eletto il quale affermava: si svuotino gli arsenali di guerra, sorgenti di morte, si colmino i granai sorgenti di vita.
In queste tragiche giornate si levi la voce di coloro che in tutta Europa hanno vissuto la terribile tragedia della più inumana di tutte le guerre, per invocare la pace in Medio Oriente e nel resto del mondo, per far cessare le persecuzioni e le ingiustizie, per combattere efficacemente il terrorismo internazionale che genera paura e insicurezza.
Una Costituzione che comanda l’adempimento dei doveri fondamentali di solidarietà politica, economica e sociale (Art.2), che stabilisce che “ tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge (Art. 8), che sancisce che “l’ordinamento delle forze armate si ispiri allo spirito democratico della Repubblica (Art. 52).
Ogni articolo è un impegno, un comandamento per le successive generazioni.
Vedi l’Art. 34 “I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.”
Non si dimentichi quanto comanda l’Art. 11, “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà di altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, quello stesso articolo che consente limitazione alla sovranità nazionale prefigurando quell’Europa che stiamo faticosamente costruendo secondo i principi fissati dal “Manifesto di Ventotene” promosso da coloro che in quel “confino” scontarono la “colpa” di amare la libertà, di voler combattere il fascismo.
L’attualità della Costituzione è ancor più sottolineata, appunto da questo articolo che ripudia la guerra, che ci impone di operare per la pace fra i popoli.
Sottolineare l’alto valore morale e politico della nostra Costituzione, prendere l’impegno di lottare per impedire che si tenti di stravolgerla non significa assumere un atteggiamento conservatore negando ogni possibilità di apportare modifiche a strumenti che la pratica ha dimostrato non corrispondenti alle esigenze, adeguandoli alla complessità di una società che in questi 56 anni è cambiata e sollecita interventi rapidi e chiari.
I valori espressi dalla Lotta di Liberazione trasfusi nella Costituzione non sono quindi dell’una o dell’altra parte ma patrimonio ideale e morale di tutti gli italiani.
Che significato assumono quindi le ripetute proposte di abolire il 25 Aprile come festività nazionale?
Il 25 aprile non è una giornata di festa dei soli vincitori, ma anche dei vinti che, grazie alla liberazione, vivono in un’Italia risorta dalle rovine e dalle distruzioni della terribile guerra e che oggi possono scegliere liberamente, con democratiche elezioni chi li deve governare e amministrare.
Ci sono brutti segnali che dimostrano l’intenzione e la volontà di cancellare con la memoria le responsabilità politiche e morali dei fascisti.
Come non essere quindi allarmati, come non reagire al fatto che a tali proposte si associano personalità al vertice delle Istituzioni?
Come non sottolineare che alte autorità del Governo non partecipano costantemente alle celebrazioni di questa giornata che 59 anni fa vide il popolo acclamare gli alleati angloamericani, i partigiani e gli insorti?
Come non denunciare le ripetute, diffuse iniziative di minimizzare, giustificare le responsabilità del fascismo che viene presentato come un regime tollerante che mandava gli oppositori in villeggiatura?
Come non sottolineare l’enorme responsabilità di coloro che falsificando la storia, nascondono le gravissime colpe di chi si è alleato al nazismo.
E’ invece in atto una complessa strategia per cancellare la memoria della Resistenza, una delle più gloriose pagine della Storia che con il Risorgimento è fondante della nostra Nazione.
E’ da tempo in atto una campagna mediatica: dalla narrativa, ai quotidiani, dai periodici, alla radiotelevisione e al cinema, che rappresentano un quadro delle vicende dei giorni della liberazione nei quali i partigiani appaiono criminali torturatori, responsabili di orrendi eccidi ed i fascisti, vittime spesso innocenti, descritti come idealisti che muoiono al grido di Viva l’Italia, Viva la Libertà.
Ancor più sconcertante che al coro di costoro si aggiunga il Presidente del Senato, seconda carica dello Stato che afferma: “non abbiamo più bisogno della vulgata tolemaica e resistenziale; non dobbiamo più dire che la Repubblica e la Costituzione sono antifasciste, ma che la Repubblica e la Costituzione sono democratiche”.
“Sulla Resistenza” – ha continuato Pera – “sarebbe il momento forse che si metta in discussione il mito, lo si abbandoni, si faccia più storia”.
Ecco quindi che le richieste di Don Gianni Baget Bozzo che vergognosamente ha affermato che la Resistenza non sarebbe stata un movimento popolare, mentre è responsabile di aver diviso la coscienza nazionale, e dell’on. Sandro Bondi – entrambi autorevoli consiglieri del Presidente del Consiglio – di abolire la festività del 25 aprile, trovano autorevole sostegno nei vertici delle Istituzioni.
In questo panorama preoccupante, unica voce istituzionale che denuncia senza riserve le colpe del fascismo è quella del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi che difende la Resistenza e la Costituzione.
La Lotta di Liberazione Nazionale ha consentito la nascita della Repubblica, la promulgazione della Costituzione che fissa principi di alta civiltà, che esprime valori ed ideali che sono alla base delle democrazie moderne, valori di eguaglianza, di solidarietà, di umanità, aspirazione di pace che ha aperto la strada alla costruzione dell’Europa.
Una Costituzione antifascista perché origine, spirito, contenuto di ogni articolo e in antitesi alle tesi e alla concezione del fascismo. Una Costituzione che sancisce principi immodificabili perché esprimono valori irrinunciabili perché non conoscono obsolescenza.
“Resistenza ora è sempre”, è il motto dettato da Calamandrei e che ci ha ispirato in questi decenni. Dobbiamo resistere a chi vuole riportarci indietro nel tempo cancellando quanto di positivo si è fatto in questi decenni.
Questi incontri non sono quindi riti cerimoniali , non sono commemorazioni di fatti di armi che appartengono al passato., ma invece vogliono far vivere valori ed ideali che non conoscono obsolescenza. Sono valori sui quali si fonda la nostra identità nazionale. La costituzione non è quindi una carta che appartiene al passato esse è viva ed attuale e si rivolge al futuro.
Una Costituzione che ha recepito la volontà, la speranza, i sogni di chi sulle montagne, nelle città ha combattuto contro la barbarie nazifascista. Ecco perché dobbiamo rafforzare e sostenere la Costituzione dell’Europa, di quell’Europa che si fonda sulla sconfitta del nazifascismo.
L’unità europea si fonda su valori di libertà e democrazia ed è perciò garanzia che pericoli eversivi non si ripresentino in uno dei Paesi dell’Unione, garanzia che ideologie liberticide troverebbero l’ostilità di tutta L’Europa.
L’anelito alla pace ha consentito di far crescere gradualmente il senso di appartenenza ad un unico Continente per ragioni storiche culturali; un antidoto al ripetersi di confitti causati da assurde controversie di esasperato nazionalismo per ragioni di interesse, di gelosia e di potere.
A noi democratici si pone quindi l’esigenza di sostenere un’unità dell’Europa che non può limitarsi ad essere solo economica e monetaria.
Quel sogno si sta gradualmente tramutando in realtà. Ecco: “l’Europa che sta nascendo è il frutto di quella “utopia della Resistenza”.
Grazie alla vittoria contro il nazifascismo, l’Europa per secoli dilaniata da guerre fratricide, ha goduto 60 anni di Pace.
Solo una federazione degli Stati Uniti d’Europa con una unica politica estera, con una unica politica della difesa con proprie forze armate potrà garantire un ruolo di pace in piena autonomia e indipendenza, senza subire l’egemonia di altri paesi extraeuropei.
L’unità europea è un antidoto contro le tentazioni autoritarie e razziste, è un fattore di stabilità democratica.
L’omaggio che noi oggi rendiamo alle vittime del nazifascismo, vuole avere anche un significato preciso: respingere i tentativi revisionisti, negare equivoche parificazioni, riaffermare il legame fra Resistenza, Repubblica e Costituzione: ripetiamo l’invito che ci lasciò Pertini, dobbiamo inviare un messaggio di libertà “perché gli anziani ricordino, i giovani sappiano”.