La proposta.
La proposta della costituzione di un centro di documentazione sull’emigrazione dall’Alto milanese era stata lanciata a chiusura del convegno tenutosi a Cuggiono il 19-20 luglio del 2003.
“Gli anonimi protagonisti della nostra storia – Gli emigranti italiani nel nuovo mondo, il caso dell’Alto Milanese” organizzato dall’Ecoistituto della Valle del Ticino, dalla fondazione Primo Candiani di Robecchetto con Induno, dall’Italian Club di St. Louis e dall’Immigration History Research Center dell’Università del Minnesota, aveva visto la partecipazione di eminenti storici sia Italiani che Americani, tra i quali il Prof. Rudolph Vecoli della Minnesota University direttore del prestigioso centro studi citato e il Prof. Gary Ross Mormino della South Florida University autore di un fondamentale testo sulla storia della comunità italiana di St. Louis prevalentemente originaria del nostro territorio.
Il sindaco di St. Louis, Francis G. Slay aveva proclamato in occasione del convegno il 19 luglio “Cuggiono Day in the City of St. Louis”, e , non solo i settimanali locali, ma anche il più diffuso quotidiano nazionale “Il Corriere della Sera” aveva dedicato una pagina all’avvenimento.
Questo convegno andava infatti a riaprire in modo autorevole un capitolo a lungo dimenticato della storia Lombarda: la consistente migrazione degli abitanti della nostra regione verso le Americhe alla quale l’Alto milanese e in particolare il mandamento di Cuggiono aveva dato uno dei contributi più significativi.
La proposta dell’istituzione del Centro di documentazione sull’emigrazione voleva contribuire a riparare questa “dimenticanza” cercando di riempire almeno parzialmente un vuoto determinato dalla pressoché totale mancanza di luoghi di studio e conservazione della memoria e di approfondimento storico del fenomeno migratorio in Lombardia.
Un centro di questo tipo necessitava ovviamente di un luogo idoneo allo scopo da qui l’idea di riutilizzare una chiesa dismessa recuperando un luogo storico ad una nuova funzione pubblica.
La chiesa di S. Maria in Braida
Quanti luoghi pregevoli ed abbandonati esistono sul territorio? Non pochi.
L’ incuria dell’uomo e l’azione del tempo giorno dopo giorno consumano inesorabilmente opere pregevoli. Non sempre le comunità hanno la sensibilità o in mezzi per intervenire.
Luoghi una volta pieni di vita, riferimenti del paesaggio e luoghi un tempo di incontro delle comunità sono stati progressivamente abbandonati, nell’uso prima ed in seguito nella memoria dei cittadini.
La chiesa di S. Maria in Braida a Cuggiono, dove si istituirà il centro, é uno di questi luoghi.
Da decenni inutilizzata sembra scomparsa dalla memoria di buona parte degli stessi abitanti che nel percorrere via S. Rocco, la via principale del paese, difficilmente si accorgono dell’esistenza di questa chiesa settecentesca.
Con l’istitutzione del centro di documentazione l’Ecoistituto vuole riportare a vivere questo luogo con lo stesso impegno con cui vuole riportare alla memoria una storia non molto lontana ma in buona parte dimenticata costituita dalla dura esperienza della nostra emigrazione.
Il progetto di recupero
L’impiego di strutture storiche come antiche chiese a fini culturali é un utilizzo indubbiamente appropriato, che ovviamente necessita interventi di riadattamento e ristrutturazione idonei al nuovo uso.
Il progetto di recupero di S. Maria in Braida si articola a più livelli:
· come progetto teso a salvare, rivitalizzando un piccolo luogo di pregio,
· come progetto architettonico e funzionale, per renderlo rispondente alle nuove esigenze,
· come progetto energetico per migliorare le prestazioni dell’edificio,
· come progetto partecipativo sociale nei confronti dei cittadini
· come progetto teso alla collaborazione con enti esistenti sul territorio (Facoltà Universitarie ad indirizzo storico, museo civico di arti e professioni Cuggionesi, servizio bibliotecario del Castanese, ecc. ).
Il progetto architettonico per un nuovo uso degli spazi.
L’intero spazio della navata e dell’abside sarà reso polifunzionale dotandolo di poltroncine e tavolo riunioni. I muri perimetrali saranno occupati da idonee scaffalature per la conservazione del patrimonio librario e documentario.
Altro spazio verrà ricavato realizzando un soppalco perimetrale in modo da accedere al meglio alle scaffalature e agli armadi per la conservazione di testi situati nella parte più alta dell’edificio, ricavando inoltre adeguato spazio per servizi di segreteria.
Il progetto energetico
Dal punto di vista energetico le prestazioni dell’edificio saranno decisamente migliorate sia attraverso un’opera di risanamento delle murature e coibentazione delle stesse per migliorarne le caratteristiche di isolamento termico sia sfruttando sistemi innovativi di riscaldamento e di climatizzazione interna
Il risparmio energetico é uno dei campi in cui in questi anni l’Ecoistituto si é speso in modo particolare, é naturale quindi che venga prestata particolare attenzione in proposito.
Una energia “innovativa” antica come il mondo: “la partecipazione”.
Ma come può essere possibile questo progetto, da parte di una associazione senza mezzi consistenti, senza capitali, senza “santi in paradiso”?
Porsi questa domanda, non é certo fuori luogo. Un intervento di questo tipo richiede risorse senza le quali non sarebbe attuabile.
Ma qual’é la vera risorsa di una comunità, se non la comunità stessa, ovvero il sentirsi parte di un percorso comune proprio perché si é legati a un territorio (anche se magari si vive oltre atlantico) e se ne conosce e se ne condivide la storia?
Guardando la realtà con attenzione, ci accorgeremmo che all’origine della maggior parte dei luoghi pubblici, dei beni comuni ancora oggi esistenti c’é una azione partecipata delle comunità. L’intera Europa é piena di luoghi realizzati dalle comunità in periodi in cui la ricchezza non era certo di casa.
Qualche esempio? Le numerose chiese edificate in periodo medioevale, nei periodi seguenti gli edifici delle confraternite ospedaliere, oppure in tempi più vicini luoghi di incontro laici come “les bourses de travail” francesi, le “camere del lavoro” italiane, le cooperative ottocentesche e primo novecentesche, le case del popolo, i centri comunitari.
Senza andare lontano in ognuno dei nostri paesi potremmo ritrovare diversi esempi.
A Cuggiono tanto per restare in questo paese, il Circolo Unione S. Rocco, il Circolo S. Maurizio, o volendo guardare al di là dell’atlantico la Chiesa di St. Ambros a St. Louis edificata dai nostri emigranti.
Cosa ci fa dire tutto questo? Che anche progetti, non semplici da realizzare, possono diventare realtà partendo dal basso, da nuclei di cittadini, dalle associazioni, dalle comunità.
“La forza dell’uomo risiede nel dinamismo e nella sua immaginazione più che nelle banconote depositate in banca” affermava Paul Samuelson, frase che ci sentiamo di sottoscrivere.
E’ anche su questa “ricchezza”, su questa energia innovativa e antica come il mondo, sulla partecipazione di ognuno di noi, che si basa buona parte di questo progetto.
Come partecipare
Ci sono diversi modi per sostenere questo progetto. Qualunque cittadino può dare il suo contributo. In questo non poniamo limiti alla fantasia (e ogni suggerimento è ben accetto).
quel minimo di base economica per l’operazione.
Al lavoro volontario vero asse portante di ogni azione comunitaria. Ognuno ha competenze preziose, che come tante piccole gocce fanno la differenza.
Al contributo di aziende che possono fornire materiali idonei o un sostegno economico.
Al contributo di enti pubblici o fondazioni che si riconoscono nella validità del progetto.
S. Maria in Braida. Cenni storici di un luogo “dimenticato”.
A Cuggiono, in pieno centro storico, all’angolo tra via S. Rocco e via S. Maria, poco visibile ad occhi distratti, ma ben in vista come “la lettera rubata” di Edgar Allan Poe é situata la chiesa di S. Maria in Braida.
E’ questa chiesa che dà il nome alla via che la fiancheggia, mentre Braida (o Brera) toponimo di origine Longobarda sta a significare piano, pianura, parola che col tempo finì con l’indicare un campo, un prato asciutto nei pressi del centro abitato.
La Chiesa fu costruita nel 1777 dalla famiglia Carisi, in sostituzione di una più antica chiesa situata a poche decine di metri, risalente alla metà del 1400 da essi acquistata ed incorporata in una casa colonica.
S. Maria in Braida fu costruita in pochi mesi. La prima pietra fu infatti posata il 5 aprile 1777 e il 13 giugno l’edificio, ad opera del capomastro Antonio Lovaldo era completato.
Il 24 ottobre, fu benedetta dal canonico del duomo di Milano Monsignor Francesco Piantanida, appartenente alla famiglia dei feudatari della “parte minore” di Cuggiono, e il giorno seguente l’arciprete Maini, vi celebrò la prima messa. L’edificio sebbene di proprietà privata ebbe sempre un carattere semipubblico. In essa vi facevano sosta le processioni e per tutta la seconda metà dell’ottocento fu usata come oratorio femminile. Alla morte dei Carisi, l’immobile fu ereditato dalle famiglie nobili Oltrona Visconti, da questi passò ai Lurani e in seguito ai Mapelli che la vendettero negli anni 80, ormai sconsacrata, a una società immobiliare.
(tratto da : Chiese di Cuggiono e Castelletto – a cura di Giovanni Visconti – Cuggiono 2000)
Una storia nella storia… che vale la pena di conoscere…
Chi intervenne a ristrutturare il complesso del “Palazzo Mapelli” a cui la chiesa apparteneva, lo riconvertì in diversi appartamenti che vennero venduti ad altrettante famiglie. La chiesa nelle intenzioni della società acquirente sarebbe dovuta diventare un negozio.
Qui si apre una storia nella storia che vale la pena raccontare e che come vedremo giocherà il suo ruolo nell’evolversi della vicenda.
Negli anni immediatamenti seguenti all’intervento di ristrutturazione, l’impresa che eseguì i lavori fallì. Il fallimento di una società immobiliare fenomeno purtroppo piuttosto frequente nell’ Italia degli anni 90 lasciava del tutto indifese le famiglie acquirenti che avevano acceso mutui con le banche per l’acquisto degli appartamenti. Anche se avevano in buona parte pagato l’acquisto della casa, secondo la legislazione italiana non erano titolari del bene. In caso di fallimento dei costruttori erano infatti le banche le legittime proprietarie dell’immobile, situazione questa drammatica per chi aveva pagato in larga parte l’appartamento che si trovava senza casa oltre che senza il capitale impiegato per acquistarla.
Non era del resto questo un fenomeno isolato al caso Cuggionese.
Visto nel suo insieme a livello nazionale il fenomeno dei fallimenti immobiliari é un problema di consistente rilevanza sociale, in quanto tocca più di duecentomila nuclei familiari.
Non essendo questa la sede per analizzare la vicenda nel dettaglio, diremo soltanto che questo problema ha generato una interessante forma di autorganizzazione delle famiglie coinvolte e la nascita del CO.NA.F.I. Comitato Nazionale Fallimenti Immobiliari che in questi anni attraverso una intelligente opera di pressione sulle istituzioni ai vari livelli e di elaborazione di un progetto di legge é giunto a modificare lo scorso luglio attraverso uno schieramento trasversale la legislazione nazionale. Un bell’esempio di azione politica dal basso che speriamo qualcuno possa raccontare nel dettaglio per la sua valenza esemplare.
Per quanto riguarda l’immobile Cuggionese, quando l’edificio fu messo all’asta la scorso inverno le famiglie coinvolte si avvalsero dell’aiuto della Cooperativa Urbanistica Nuova operante nel settore immobiliare . Fu infatti la cooperativa contattata a questo proposito dagli abitanti lo stabile a partecipare all’asta con l’intento dichiarato di potersi aggiudicare l’immobile al fine di poterlo restituire alle famiglie. Cosa che puntualmente avvenne.
Restava a questo punto la destinazione della ex Chiesa di S. Maria in Braida.
E’ qui che si vengono ad incontrare le esigenze della Cooperativa Urbanistica Nuova, interessata non solo all’edificazione di abitazioni per i propri soci ma anche a una azione culturale sul territorio e quelle dell’Ecoistituto della Valle del Ticino, da tempo alla ricerca di una sede da destinare alle proprie attività e in particolare all’istituendo “Centro di documentazione sull’emigrazione dall’alto milanese”.
L’accordo tra la Cooperativa e l’Ecoistituto prevede infatti il comodato d’uso dell’edificio per i prossimi cinquant’anni a fronte della ristrutturazione dell’immobile.
Qui si apre il nuovo capitolo al quale anche tu, se ritieni questo progetto interessante, potrai collaborare
Cuggiono, 24 settembre 2004
Nel settembre 2021 l’Ecoistituto della Valle del Ticino si è aggiudicato l’asta della vendita della proprietà della sede a seguito del fallimento della Cooperativa proprietaria.