I clandestini in pianura. Gli amici di Castano.
di Pinetto Spezia
Antonio Noè e Angelo Macchi erano venuti a Cuggiono per uno scambio di armi e soprattutto per metterci al corrente riguardo l’incolumità della cascina di proprietà di Sandro Crespi, il quale con un senso di grande responsabilità, ospitava un nostro compagno, Marcello Scherer (alsaziano), Marcello aveva partecipato ad azioni di disarmo nei caselli sull’autostrada Milano Torino, trasformati in postazioni militari della R.S.I.
Fu durante un nostro attacco, che uno dei militari aveva notato che uno dei nostri, si esprimeva con un marcato accento francese.
A detta di Angelo, il quale aveva attinto la notizia da fonte sicura, Marcello sarebbe stato un probabile indiziato, e perciò motivo di pericolo per la “cascina”. Angelo si era fatto accompagnare da Antonio, in quanto Antonio era un buon conoscitore delle nostre abitudini…. E dei nostri boschi.
Sentita la notizia mi recai subito in serata alla cascina Crespi. Trovai Sandro, che a quell’ora assieme alla sua famiglia, si godeva intorno al camino la calda atmosfera del dopo cena.
Sandro come sua abitudine mi accolse con l’ospitalità dovuta ad un amico, e con garbo, mi offrì della grappa: “un buon bicchiere di questa ti darà vigore in bicicletta, oggi la tramontana si è fatta sentire”.
Poi facendomi cenno con il capo mi invitò a seguirlo: “vieni ti mostrerò un vitellino da poco nato nella mia stalla”. Entrammo nel tiepido ambiente, ci sedemmo sulla paglia imballata e visto l’ora anomala della mia visita, mi chiese se c’era qualcosa che non andava. Gli portai i saluti dei nostri amici e gli esposi i nostri timori riguardo alla situazione che si era probabilmente creata. Lui mi ascoltò e poi con la sua calma serafica: “Dove lo dobbiamo mandare questo povero ragazzo? Anche questo fa parte dei nostri doveri e dei nostri rischi”. Commosso gli strinsi la mano, e lo ringraziai a nome di tutti. Fu lui a cambiare argomento, mi parlò della sua stalla, del lavoro della cantina. E citando un vecchio proverbio contadino, in dialetto Cuggionese mi disse: “in cö l’è Santa Fosca, se te müda nò el vin el diventa posca”. (Santa Fosca è il 13 di Febbraio, e i contadini travasano il vino dalle botti). Intanto lo sguardo mi si soffermò sul portone di legno, sul quale notai una stampa infissa con un chiodo (un po’ grosso) e lui guardandomi con sottile sorriso, disse: “Era l’unico chiodo che in quel momento avevo a portata di mano” ci tengo molto ad avere sott’occhio quella stampa: è il poligono di tiro di Reggio Emilia, è lì che sono stati fucilati i Sette Fratelli Cervi”. Poi abbassando lo sguardo e in tono dimesso – povero papà Alcide , che dolore! Proprio tutti e sette! “ah! Questi tedeschi!…”
Mentre lo ascoltavo; per la prima volta anch’io pensai che anche i miei familiari avrebbero potuto essere coinvolti seppur indirettamente.
L’amore per la libertà era così grande, da vincere ogni ragionevole cautela.
Lui intuendo che l’atmosfera si era fatta troppo triste mi invitò a entrare in casa per l’ultimo grappino. Entrammo in cucina, la sua famiglia si era già coricata e il fuoco del camino era ormai spento. Bevemmo la grappa, poi l’ora si era fatta tarda, era mezzanotte passata. Ci salutammo, e nell’accompagnarmi sulla porta, mi raccomandò di salutare Angelo e ringraziarlo.
Ci salutammo, e lasciandomi capire che apprezzava il nostro comportamento di serietà ed amicizia, mi strinse la mano ancora una volta.
Lo lasciai nella sua tranquilla cascina, dove il silenzio era scalfito dalle gomme della mia bicicletta.
Purtroppo la dolce quiete non doveva durare per molto.
Dopo dieci giorni in una di quelle giornate in cui la sorte sembra contrastarti in tutto , dove tutto ti impedisce e tutto ti contrasta. Sandro perderà il figlio Luigi.
Avvenne in quel di Castano; tre dei nostri trasportavano delle armi, vennero fatti segno di una raffica di mitra di una pattuglia tedesca. Il giovane Luigi cadde ferito mortalmente. Identificato il morto, i tedeschi e i militari della R.S.I. piombarono nella cascina e la devastarono. Era il 24 Febbraio 1945.Quel giorno nella mia mente si affacciarono i sentimenti di Sandro… e la stampa che faceva spicco nella sua stalla, assunse per me, il simbolo di una pagina d’oro dove i grandi appongono i nomi dei grandi.
La cascina era per noi un punto di riferimento importante: essendo in essa custodito una parte dell’elenco con i nomi del gruppo di Castano I°.
Purtroppo in seguito a questi fatti, vennero arrestati undici nostri compagni, e tra questi Angelo e Antonio. Antonio venne fucilato assieme a Franco Griffanti e Franco Noè il giorno 26-2-1945 dietro il cimitero di Castano I°; mentre gli altri compagni vennero internati nei lager nazisti. (1)(Antonio Noè, Franco Griffanti, Bruno Valli, Angelo Macchi, Ambrogio Merlo, Ultimio Sanson,, Nino Leoni, Riccardo Noè, Livio Lualdi, Nino Croci e Franco Noè).
Intanto la lotta si faceva sempre più aspra…. Eravamo braccati da ogni dove.
Ancora una voltala formazione veniva scossa, le circostanze ci ricordavano le giornate del 7 Luglio1944, alla cascina Leopoldina di Cuggiono. L’organizzazione pur subendo ancora un forte colpo, seppe sopportare e sopperire ancora una volta, grazie all’ordine che regnava nel gruppo, ma soprattutto all’esempio lasciato dai nostri morti che seppero sopportare le sevizie prima di morire, senza lasciare trapelare altri nomi.
Grandi furono i nostri compagni carcerati e seviziati!
L’approssimarsi della primavera rendeva meno faticoso il contatto con i gruppi e l’invocata libertà si sentiva nell’aria, perché palesi erano i segni della prossima sconfitta nemica.
E venne il 25 Aprile! La pace, il ritorno degli amici dai lager e dal fondo delle prigioni.
Ora Angelo di nuovo libero era venuto a Cuggiono desideroso di incontrarci, ma era solo, senza l’amico Antonio.
A casa mia avevo lasciato detto che mi sarei recato in visita di cortesia agli amici feriti, degenti presso l’ospedale di Cuggiono. Giovanni Zanzottera di Arconate, ferito alla spina dorsale, e Gigi Rumorini di Castano I°, ferito a una spalla, trapassata da un proiettile, durante lo scontro con i tedeschi avvenuto in quel di Inveruno il giorno 26 Aprile 1945.
L’incontro con Angelo avvenne all’ospedale, vicino al letto dei compagni degenti, in un clima di fratellanza, di gioia e di mestizia.
La conversazione fu ricca di spunti spirituali di ricordi, di momenti oscuri in cui l’uomo era solo un misero numero di una diabolica cabala in mano a cervelli annebbiati.
Poi inevitabilmente, abbiamo delimitato il nostro terreno di inchiesta, sul giorno 24 e tutto il 26 Febbraio. Lui ci descrisse a fatica cosa avvenne dopo il loro arresto, e si limitò alla narrazione un po’ per sommi capi, mettendo però in risalto la voce ferma di Antonio, dietro il cimitero di Castano, prima del trapasso: “Viva l’Italia libera, viva la Gasparotto”, l’ultima occhiata ai corpi straziati dei compagni prima di essere caricati di nuovo sul camion e infine, dopo qualche ora, dietro al cimitero di Sacconago (Busto A.) la fucilazione di Minelli, che ci riferì Angelo con nostra grande sorpresa, ripeté la stessa frase pronunciata poco prima da Antonio. Quelle parole furono un omaggio alla nostra breve ma già grande amicizia!
E la loro eccezionale morte fu per noi un costante punto di riferimento. Poi passandosi la mano sulla fronte…. Proseguì a fatica, e con voce rotta: “Li caricarono sul camion per una nuova destinazione e lasciammo Minelli solo per terra. Angelo si fermò, spossato dal rivivere il dramma.
Poi riprendendo fiato ci chiese: “Sapete dove l’hanno seppellito?”
Noi ignari restammo ammutoliti, e chiedemmo a lui chi fosse Minelli.
Ma Angelo rimandò gentilmente il discorso dicendoci che non si sentiva per il momento di continuare, e promettendoci di descriverci la statura di questo nuovo compagno in altra occasione.
Sapemmo poi da Nino Croci chi era Minelli e come si sono conosciuti.
Purtroppo l’amico Angelo, dopo qualche giorno ci lasciava, e questa volta per sempre.
In seguito al guasto della sicura sul suo mitra, metteva in moto la mazza battente dell’arma con un brusco movimento ferendosi. Dopo qualche giorno decedeva in seguito ad emorragia, per unirsi in alto assieme alla schiera dei veri uomini, in alto, più in alto del GRAND CHARMOZ… atteso da Poldo Gasparotto.
Pinetto
Amici che più non vidi
Dove siete, amici della sofferenza?
Cantavamo le nostre canzoni
col volto indurito
e i cuori che battevano assieme!
Voci di attesa
che irrompevano nel buio della notte
mentre la luna pietosa
guidava le ombre.
Cuori fraterni,
madri trepidanti,
voci di un tempo,
tempo che non ha voce.
G. Spezia
All’amico scomparso.
Ti sei allontanato dal gruppo
in un momento in cui ero assorto
e quando mi sono accorto…
tu non c’eri più.
Ah sorte! L’arma ti tradì…
Ora che ho bisogno delle tue parole
tu non ci sei più.
Nella ugual scelta per la Libertà
ci trovammo.
E ora di te mi rimane solo
la saggezza dei tuoi pensieri.
Brevi furono i giorni…
e grande fu l’amicizia!
Pinetto
Ricordando Angelo Macchi 1945