di Pìnetto Spezia
Vincenzo Colombo mi fece pervenire l’ultimo messaggio.
Da un messaggio del Comando di Busto Arsizio: Tenersi pronti con le armi (Claudio).
Il segnale di attaccare in massa era atteso di ora in ora. Le armi, ben custodite nei depositi di Bernate, Casate e Induno, furono prelevate e messe a disposizione di tutti coloro che avrebbero fatto richiesta. Come sembrava lontano quel 8 Settembre 1943 che vide il disfacimento delle forze armate lasciate allo sbando, facile preda della filosofia nazista.
Fortunatamente molti soldati e ufficiali riscattarono quel breve periodo di smarrimento, e gran parte dei PRIGIONIERI riscattarono con fierezza la loro italianità accettando il patimento dei lager rifiutando la connivenza col tedesco quasi come in sacrificio per meritare un avvenire libero.
“La lotta della moltitudine di partigiani che operavano sui monti, che agivano invisibili nelle pianure, lottando talvolta più lo scoramento che non le fatiche e i pericoli, consapevolmente votati al sacrificio, stava per concludersi.”
Il giorno 24 Aprile operai provenienti da Milano portarono dei volantini raccolti in zona Duomo e San Babila nei quali si diceva:
Studenti, giustizia esige che voi sappiate! L’università italiana combatte il nazismo, l’università italiana fu colpita ferocemente nei suoi rappresentanti migliori: il prof. PAOLO BRACCINI insegnante di anatomia è stato fucilato, il dott. GIANFRANCO MATTEI insegnante di chimica è stato fucilato, studenti! Questi vostri docenti sono caduti perché l’università riacquisti il posto perduto fra le libere Università di NORVEGIA e di OLANDA, di POLONIA per questo hanno dato la vita!
Anche il mondo studentesco era pronto. Il messaggio che ci pervenne dal comando di Busto Arsizio il giorno 25 Aprile alle ore 8 non ci colse impreparati. In esso si diceva: RADUNARE TUTTI GLI ISCRITTI A INVERUNO. L’adunata si concluse a tempo di record.
Fissai il luogo di incontro degli uomini di Cuggiono, Casate, Bernate e Induno, al cimitero di Cuggiono, dopodiché partimmo per Inveruno. Prima tappa vicino alla chiesetta di San Rocco in Via per Buscate, lì incontrammo gli amici di Inveruno, assieme ci avviammo verso il centro. Giunti nella piazza, incontrammo il comandante Angelo Spezia; ci furono oltre ai saluti, presentazioni e domande: presentazioni da parte dei nuovi iscritti, domande da parte degli anziani i quali non lo avevano più visto dal 7-7-1944. il tutto contribuì a creare un’aria festosa e cordiale. Nel contempo arrivò Luciano Vignati da Busto Arsizio alla guida di un automezzo, ci consegnò delle divise partigiane dicendo che erano solo per gli iscritti alla formazione.
Durante il pomeriggio vennero assegnati ai capisquadra i punti da presidiare e i posti di alloggio, a tutti coloro che dovevano effettuare i turni di guardia secondo il piano di attacco precedentemente fissato (il gruppo di Casate, Bernate, Induno e Cuggiono, venne accolto cordialmente nella bella casa dei signori Verganti di Inveruno). Il mattino seguente ci alzammo di buonora per dare il cambio di guardia alla squadra di Carletto Garavaglia (i loro nomi erano: Gianni Lovati, Mario Maronati, Gianangelo Berra, Franco Spezia, Luigi Magistrelli, Moretti Gianni, Piero Cornelli, Gianni Garavaglia).
Sebbene fosse ancora presto notammo con sommo piacere schiere di giovani affluire al presidio, dai paesi limitrofi. Subito vennero affiancati alle squadre di anziani partigiani in divisa. Nel contempo con un gruppo in divisa mi recai a Cuggiono per prelevare altre armi così da soddisfare le improvvise richieste. Prima di fare ritorno a Inveruno tre uomini del gruppo si recarono al cimitero, portando fiori sulla tomba degli amici fucilati: Gianni Gualdoni (a quel tempo, nel cimitero di Cuggiono, vi era solo Giovanni) e quattro giovani di Rho. Fu una cerimonia semplice e significativa: la bandiera della formazione ora sventolava sulla loro tomba!
La bandiera era tricolore con banda azzurra recante il motto: LA VITA PER L’ITALIA E PER LA LIBERTA’. Poi tutto il gruppo presentò le armi alla bandiera e al comandante e sfilando in divisa dalla piazza di Cuggiono al monumento dei caduti, si cantò l’inno della resistenza. Dopodiché raggiungemmo Inveruno, e consegnammo le armi a tutti i nuovi arrivati, purtroppo al nostro ritorno ci informarono che una colonna tedesca era in marcia verso Inveruno per dar manforte al loro gruppo proveniente da Boffalora.
Attendemmo consapevoli dello scontro che ci attendeva. Questa volta i tedeschi li avremmo affrontati in divisa partigiana, con le nostre modeste armi e i nostri simboli sulla bandiera.
Lo scontro fu molto cruento. Assieme a noi, in quei giorni, vi erano uomini più volte decorati al valor militare. La loro presenza fu di ausilio, per concretezza di azioni e di spirito. Con loro ci sentimmo tutelati da saggia convalida nelle azioni. E’ doveroso dunque da parte nostra citare qualche nome: Puricelli Carlo di Cuggiono ex maresciallo di fanteria, (insignito di tre decorazioni al valor militare, una medaglia di argento, una di bronzo e una croce di guerra); il colonnello Carlo Borghi, pure di Cuggiono: durante la prima guerra mondiale fu gravemente ferito e privatolo per sempre della vista, nonostante la grave menomazione, non mancò mai agli appuntamenti nei momenti di bisogno aiutandoci sempre sia tecnicamente che spiritualmente. Era già stato insignito con tre decorazioni al valore militare: una medaglia d’argento, una di bronzo e una croce al merito (Dolina del Carso 1916). Poco prima della battaglia di Inveruno lo incontrai in via Brera in compagnia di Albertino Marcora.
Essendo buon conoscitore del paese di Inveruno ci chiese se avevamo provveduto a piazzare una mitraglia pesante vicino alla torre di via Milano – via Solferino, affinché così da controllare eventuali infiltrazioni tedesche provenienti da via Casorezzo. Subito Albertino provvide alla bisogna, mi ricordo che l’arma fu affidata al giovane Andreino (Marcora). In seguito una guarnigione tedesca tentò inutilmente di penetrare in Inveruno proprio da via Casorezzo, e purtroppo in quello scontro cadde Paolo Vago, e diversi altri furono feriti…, grazie anche ai veterani della due guerre, in quel giorno lo scontro ci parse più sostenibile se pur cruento.
Le fotografie del vecchio campanile d’Inveruno sono molto eloquenti. Il volume di fuoco che provocava la mitragliera da 20mm verso Casorezzo era impressionante: prima di arrendersi la 20mm dei tedeschi sfasciò un camion della brigata “Lupi” di Busto Arsizio accorsa in aiuto, e mise fuori uso tre motociclette tra cui la D.K.W. di Martino Garavaglia, preda bellica del giorno 24 Aprile. Mentre in zona ovest di Inveruno verso Mesero, un’altra mitragliera da 20mm apparse improvvisamente e ben protetta, imperversava con le lunghe raffiche, mettendo in difficoltà il nostro gruppetto (composto da Biagio Belloni, Gigi Rumorini, Pierino Garascia, Ginetto Carnaghi, Carletto Ponciroli, Peppino Miriani, Martino Garavaglia, Nildo Ranzini e il sottoscritto) armato di mitra. Presi alla sprovvista si riuscì a malapena a ripararci dietro una concimaia, mentre io trovai riparo dietro un grosso gelso.
Raggiunsi poco dopo il gruppo e subito la mitragliera incominciò a scaricare sul nostro fortunoso riparo le sue raffiche, che ogni volta abbattendosi sulla posticcia protezione, ne riduceva la dimensione. Fortuna volle che nelle adiacenze vi fosse il gruppo di Carlo Puricelli i cui uomini riparatisi in un fossato ci vennero in aiuto: Puricelli si accorse dell’imminente pericolo, e gridando ci disse: cercate di raggiungerci non appena avrò lanciato la bomba! La lancerò dalla parte opposta alla vostra posizione…
Lanciò la bomba, subito una raffica rispose centrando il punto dove avvenne lo scoppio, ingannando così il mitragliere tedesco.
La raffica sollevò un notevole polverone misto ai sassi e tralci di gelso, facendo volare a pezzi il compatto tappeto erboso. Mentre noi prontamente percorrevamo il tratto che ci separava dal fossato (25 – 30 metri) il mitragliere tedesco riuscì a sparare un’altra raffica e purtroppo questa volta riuscì a colpire Biagio Belloni a una spalla. Non appena riparati nel fosso cercammo di fermargli il sangue tentando di tamponare alla buona la ferita, fortunatamente il proiettile aveva colpito solo di striscio . Raggiunti i soccorritori nel fossato sostammo un attimo ad osservare la quasi inesistente concimaia e il grosso gelso squarciato. Il fosso raggiunto ci aveva fatto guadagnare metri preziosi verso la postazione tedesca in una posizione ottimale, e cioè quasi dietro alla potente mitragliera. Dopo aver percorso strisciando un centinaio di metri, arrivammo alle spalle del nemico, sostituimmo i caricatori ai mitra, poi in concomitanza con il gruppo Puricelli, rimasto dalla parte opposta armato di fucili a tiro lungo aprimmo il fuoco contemporaneamente. Dopo una decina di minuti la postazione tedesca si arrese innalzando su un fucile due fazzoletti bianchi annodati. Dopo esserci impossessati dell’arma ci dirigemmo nei punti dove ferveva la battaglia dividendoci essendo noi armati di mitra in aiuto ad altri gruppi.Ritengo doveroso ricordare qui i nomi del sopraccitato gruppo: Carlo Puricelli, Gianni Naggi, Mario Spezia, Ugo Colombo, Pippo Calcaterra, Peppino Parini , Franco Spezia, Vittorio Barenghi, Brambilla Luigi.
Dopo una ventina di minuti, avendo esaurito le mie munizioni ed essendo sprovvisti gli altri compagni, mi diressi verso una postazione vicina. Strada facendo incontrai Antonio Perotta (di Castano) il quale mi disse che anche Gigi Rumorini era stato ferito da un proiettile che gli aveva trapassato una spalla (era trascorso solo una mezzora dall’episodio della mitragliatrice da 20mm). I tedeschi si difendevano bene, noi fedeli agli ordini ricevuti, rispondemmo con determinazione. Ora li avevamo di fronte, sicuri di batterli, sicuri di porre fine anche alle razzie, ai numerosissimi treni merci che tutti i giorni trasportarono in Germania il frutto del loro saccheggio: dalle campane ai monumenti in bronzo.
Ora li avevamo di fronte sicuri di batterli, di piegarli e, questa volta, prima di lasciarli andare, avrebbero dovuto lasciarci i loro innumerevoli automezzi con armamenti. Era sempre poco in confronto a tutto ciò che avevano razziato. Le raffiche dell’una e dell’altra parte erano intense. Poi un colpo fece sibilare nel cielo di un eco interminabile. Era stato colpito il campanile della chiesa parrocchiale d’Inveruno. Quel suono fu per noi il segnale di carica. Rimanemmo per un istante ammutoliti…. poi il fuoco delle nostre postazioni si concentrò con violenza verso sud da dove provenivano le granate tedesche. La nostra reazione fu rabbiosa, il campanile doveva essere l’ultimo oltraggio tedesco. In quel momento la sagacia si era impossessata in modo indescrivibile di tutti noi: vidi dei ragazzi portare sulle loro spalle cassette di munizioni di peso notevole, con scioltezza incredibile. La situazione si era fatta convulsa, soprattutto per il tiro lungo delle armi tedesche.
L’unica alternativa per controbatterli, era quella di affrontarli a tiro corto, aggirando ogni loro singola postazione. Infatti poco dopo disponemmo in tal senso pur essendo l’operazione rischiosa. Gli ordini venivano trasmessi passando parola da un caposquadra all’altro. Mi ricordo poco prima della resa tedesca l’ultima notizia ricevuta dal comando tramite Santino Pedretti e Aldo Villoresi. La notizia diceva: due postazioni tedesche si sono arrese. Abbiamo un ferito grave, Giovanni Zanzottera ferito alla colonna vertebrale. Ancora molte raffiche da ambo le parti poi la resa totale dei tedeschi. L’annuncio venne dato con una sfrecciante automobile sulla quale sventolava una bandiera tricolore con banda azzurra, i giovani a bordo gioiosamente ad alta voce gridavano: è finita, è finita.