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ACQUA E TERRA BENI COMUNI – Per una economia resiliente.

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Un importante incontro GIOVEDI’ 25 giugno 2015 alle 21 presso la sala consiliare del comune di Inveruno.

Organizzata dalle associazioni del territorio con il patrocinio di diversi comuni della zona.

Una occasione unica per un confronto sull’importanza dei nostri beni comuni più preziosi, la terra e l’acqua. Due ospiti d’eccezione ci racconteranno esperienze e ci regaleranno nuove prospettive per il futuro.

Monsignor Luis Infanti De La Mora, vescovo del vicariato apostolico della Patagonia Cilena e Emilio Molinari, fondatore del Comitato Italiano per il Contratto Mondiale sull’acqua.

Una visione e un altra politica per i beni comuni strettamente intrecciate ai diritti umani e alla salvaguardia del pianeta Terra.

acqua terra beni comuni

Vedi il filmato su  Monsignor Luigi Infanti della Mora

 

 

“Acqua e Terra, beni comuni per un’economia resiliente”, questo è il titolo che abbiamo deciso di dare al convegno di questa sera per il semplice motivo che nel concetto di beni comuni vi è racchiusa la consapevolezza che un altro mondo e un diverso modo di abitarlo è possibile.

Se un bene è comune e soprattutto non rinnovabile, come sono le risorse finite del nostro pianeta, va utilizzato con rispetto e dovuta parsimonia.

Rispetto per quelli che sono i cicli naturali, i processi evolutivi e di rigenerazione dell’intero sistema naturale, che è un sistema chiuso, entropico e che per questo necessita di tempi lunghi di ripristino delle risorse utilizzate, di resilienza appunto.

La parsimonia nell’utilizzo delle risorse, e non lo sfruttamento sfrenato, è dunque il punto di equilibrio che consente al sistema di rigenerarsi, continuare a esistere… non morire. L’uomo, con le sue attività e con il sistema socio economico adottato, basato sulla crescita infinita e quindi sul consumo sfrenato, è uscito dal sistema divenendo esso stesso la causa dello squilibrio.

Il cambiamento deve inevitabilmente partire da una domanda a cui una semplice verità fisica risponde con estrema e immutabile chiarezza: può un mondo finito crescere infinitamente?

Ervin Lazlo, filosofo e scienziato ungherese, fondatore del club di Budapest e Rettore della Giordano Bruno Global Shift University di Washington, considerato il fondatore della teoria dei sistemi complessi, sostiene che un sistema complesso a fronte di forti squilibri che inficiano la capacità di rigenerazione delle risorse, si trova di fronte a un bivio, cessare di esistere o rimuovere la causa dello squilibrio. Sostiene anche che vi è la possibilità di invertire la posizione predatoria e dominante che l’uomo ha assunto nel corso degli ultimi 200 anni, posizione che lo ha portato fuori dal sistema, ma poggiante pesantemente sul sistema stesso con comportamenti depredatori. L’unico modo che renderebbe possibile una netta inversione di rotta è che la gente comune prenda coscienza e consapevolezza della gravità della situazione globale e, agendo localmente con comportamenti virtuosi, compia una rivoluzione e un salto culturale dal basso, fatto di auto-organizzazione delle comunità che assumono quotidiani comportamenti in equilibrio con il sistema naturale, che costringa i poteri economici e politici a prendere atto del fallimento di un paradigma sociale insostenibile e implosivo.

https://www.youtube.com/watch?v=zwU485aDHe4

Le associazioni e i comitati del territorio, che hanno contribuito all’organizzazione di questo convegno – ve ne sono tante altre che operano nella stessa direzione, che per motivi di tempo non abbiamo potuto coinvolgere – stanno da tempo operando con modalità condivise, consapevoli che non ci si può più occupare solo del limitato territorio del comune di residenza, ma che l’azione locale deve necessariamente coinvolgere aree vaste di territorio, aree omogenee morfologicamente, socialmente, culturalmente, unite purtroppo anche in pesanti criticità ambientali.

Solo con una corale azione dal basso delle comunità si può incidere a livello locale e di rimando anche a livello globale.

Questa modalità di occuparsi insieme dei beni comuni, quali acqua, territorio, cibo, salute, economia… deve necessariamente avvenire non in contrasto con le amministrazioni locali, ma al contrario deve essere un’azione a supporto dell’attività amministrativa istituzionale, che in questi tempi di crisi, non solo economica ma anche e soprattutto sociale e ambientale, non può più essere lasciata sola.

Una cittadinanza attiva e partecipativa renderebbe certamente più semplice il lavoro degli amministratori che, nel rispetto dei ruoli, possono trovare nei cittadini un concreto sostegno per azioni finalizzate a difendere i beni comuni da mire di sfruttamento più o meno lecite.

Le cave, o ambiti territoriali estrattivi (ATE), sono un esempio di sfruttamento del territorio per interessi privati, che, anche a causa della crisi del settore immobiliare, vengono trasformate in discariche di ogni sorta di rifiuti, anche tossico nocivi. In sostanza si fanno buchi enormi nel territorio, non per soddisfare richieste di materiale da costruzione, ma per poter disporre di un buco da utilizzare come discarica.

La cava di Casorezzo è un caso esemplare, l’azienda operante nel sito, la Solter Srl, aveva fatto istanza per l’autorizzazione ad utilizzare la cava come discarica per conferirvi amianto. La regione, seguita con attenzione dai comitati e dalle associazioni locali che hanno presentato osservazioni riguardo al procedimento, ha negato l’autorizzazione, ma la vicenda purtroppo non è affatto conclusa, in quanto l’azienda proponente ha presentato un nuovo progetto di discarica per altri materiali.

A livello europeo abbiamo le decisioni politico/amministrative: in particolare è in corso di discussione un trattato bilaterale Europa-USA, il TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership). Questo trattato punta ad abrogare non tanto i dazi doganali, ma soprattutto barriere non tariffarie di carattere normativo e procedurale che nella maggior parte dei casi servono a tutelare gli interessi dei cittadini per quanto riguarda la conformità dei prodotti rispetto a standard di sicurezza e livello qualitativo dei prodotti. Le aziende europee quindi, per fronteggiare il gap concorrenziale, si troveranno a ridurre gli standard qualitativi, ovviamente a danno dei cittadini. Il Parmigiano Reggiano, ad esempio, troverà anche sul mercato europeo il Parmesan, che però non è sottoposto agli stessi disciplinari di produzione cui i produttori di Parmigiano devono sottostare (ovviamente la somiglianza fonetica del nome non è un caso).

Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’economia, dice che non è un trattato che serve ai cittadini, ma alle multinazionali soprattutto americane.

https://www.youtube.com/watch?v=HsIO5YCuqmU

L’aspetto sconcertante, che purtroppo in Italia è una consuetudine, è il grave silenzio informativo dei media rispetto a un procedimento che certamente avrà ripercussioni negative verso culture, tradizioni ed eccellenze locali soprattutto agroalimentari ma soprattutto verso l’ambiente, i cittadini e le piccole e medie imprese.

https://www.youtube.com/watch?v=LizNknYKuCM

Questo è un argomento di cui tutti i cittadini si dovrebbero occupare nel loro interesse, ma anche per difendere la Democrazia, già pesantemente minacciata dagli interessi economici delle multinazionali.

 

QUI IL VIDEO DELLA SERATA